Forza d’Agrò – Nicola Di Cara – Tutti abbiamo studiato a scuola quel movimento culturale ed artistico noto col nome di “Rinascimento”, sviluppatosi in Italia tra il 1492 ed i primi anni del 1600. E’ stato questo un periodo di grande creatività e di crescita anche sociale. Pure a Forza d’Agrò quest’epoca ha segnato una transizione tra il periodo medioevale e quello moderno, in cui pittori, scultori, maestranze edili ed altre figure di rilievo hanno lasciato opere di straordinario valore. E’ il periodo in cui l’arte a Forza d’Agrò ha vissuto i momenti più significativi. Per quanto riguarda in particolare l’edilizia civile-abitativa, nel secolo XVI si sono sviluppati ulteriormente i modelli tipici del ‘400. Alle strutture grezze, quasi abbozzate nella forma, dal tradizionale gusto medioevale, si sono aggiunti nuovi elementi che hanno conferito ritmo, leggerezza ed eleganza. Per esempio nei portoncini ad arco delle nuove abitazioni, che hanno lasciato la forma semplice, lineare dei piedritti e curva dell’arco, immettendo nelle forme una duplice inserzione tra i piedritti; e nella “chiave dell’arco” sempre più sagomata e “personalizzata”. Lo sfruttamento della pietra arenaria locale ha determinato a Forza d’Agrò un notevole lavoro artistico da parte degli scalpellini. Un esempio di abitazione cinquecentesca è una casetta posta in una delle viuzze del Quartarello, che portano al Castello normanno. Essa si distingue per il portone ornato da elementi di classica memoria e per il balcone sostenuto da tre mensole antropomorfe, oggi purtroppo appena accennate per l’usura del tempo. Nel periodo “rinascimentale” è stata eretta la chiesa di Santa Caterina (o di San Francesco) tenuta dai Francescani. Per questa chiesa, nel 1558 è stata commissionata agli scultori Martino Montanini e Giuseppe Bottone, dai Maestri dell’Opera e dal Procuratore della chiesa, la statua di S. Caterina d’Alessandria, finita e consegnata poi ai Forzesi nel 1559. Nei primi decenni del ‘500 è stata realizzata per l’originaria Chiesa Matrice di Forza d’Agrò la tavola raffigurante l’Annunciazione, che rappresenta la protettrice della chiesa stessa, cioè la Madonna Annunziata, eseguita probabilmente da un pittore di scuola “antonellesca”. Del 1560 è la maestosa cornice del quadro, dorata e ricca di decorazioni. Nella parte inferiore, una scritta ricorda che il popolo forzese volle dedicare il quadro alla “apparizione e annunciazione da parte dell’angelo alla Vergine Maria nell’a. D. del regno 1560”. In una riproduzione fotografica,riportata nel libro di Stefano Bottari Forza d’Agrò, compare una fiaschetta in zinco cinquecentesca, ancora esistente. Seguendo lo spirito rinascimentale, nel ‘500 l’originaria Chiesa Madre forzese è stata ingentilita dall’aggiunta del portale, “delicato lavoro tramato con una fantasia vivida e calcolatrice e con una sensibilità non comune” (dal libro Forza d’Agrò di Stefano Bottari). Nel 1576, come inciso nella parte superiore del portale d’ingresso tra i raggi serpeggianti di un sole e sull’arco del portoncino di accesso al campanile, è stata ricostruita la quattrocentesca chiesa della SS. Trinità. Appartiene alla chiesa della Triade ed è segno di compiacimento per tutti i parrocchiani, il quadro che rappresenta la “Visita dei tre Angeli ad Abramo” noto anche come “Abramo nel deserto”, attribuito inizialmente ad Antonello da Messina, poi al figlio Jacobello d’Antonio ed infine al nipote Antonello de Saliba. Oggi l’opera è attribuita ad Antonio Giuffrè, pittore della scuola di Antonello da Messina. La “Visita dei tre Angeli ad Abramo” è l’opera che i confrati della SS. Trinità hanno voluto quale rappresentazione del loro patrono. Il dipinto, che oggi si può ammirare dietro l’Altare Maggiore dell’antica chiesa della Triade, è la copia dell’originale, essendo stato quest’ultimo rubato nel 1971. Il quadro raffigurante la “Visita dei tre Angeli ad Abramo” si può dire che rifletta l’immagine della gente forzese e, in particolare, della Confraternita della SS. Trinità, per il suo significato che ha radici profonde nell’animo popolare: quello dell’ospitalità. Il pane, rappresentato sulla tavola imbandita ed offerto con le altre vivande da Abramo agli Angeli, diverrà il simbolo di una tradizione secolare: la “distribuzione gratuita” al forestiero benevolmente accolto. Cimelio artistico interessante appartenente alla Confraternita della Triade è stato il Gonfalone processionale, uno dei lavori di intaglio del legno più importanti nel suo genere (probabilmente della seconda metà del secolo XVI, di scuola antonelliana) purtroppo trafugato nel 1976. Risale alla fine del ‘500 la chiesa di S. Antonio Abate, la cui facciata è abbellita da un portale architravato in pietra arenaria locale con fantasiosi motivi in rilievo. In questa chiesa avevano sistemazione alcune opere, anche pregevoli, risalenti alla fine del ‘500. Anche Stefano Bottari, nel libro Forza d’Agrò, scrive: «Notevoli piuttosto sono due tele che si conservano nella chiesetta di S. Antonino, probabilmente degli ultimi del cinquecento, abbastanza deteriorate però dall’umidità e dall’incuria.» L’Abate, nonché storiografo, Gioacchino Di Marzo, nel suo libro I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e XVI, ha scritto che per Forza d’Agrò sono state eseguite dal carrarese Giovan Battista Mazzolo due fonti. Di esse oggi non si parla più. Potrebbe trattarsi del fonte battesimale e dell’acquasantieradella Chiesa Madre di Forza d’Agrò, simili nella struttura.Nel 1540 si sono contati in paese 302 case e 1138 abitanti. Le sole idealità che agivano sull’orgoglio civico erano quelle artistiche e religiose. All’interno del “paesello”, completamente preso dall’attività, che si può definire “rinascimentale”, anche i vari quartieri, talvolta in contrasto più all’interno di se stessi che con gli altri, si prodigavano con nobili gare di emulazione a sviluppare il patrimonio religioso ed artistico, che poi non era soltanto titolo di compiacimento per il quartiere, ma soprattutto motivo di legittimo orgoglio per tutta la cittadina. Il piccolo centro, che nel XVI secolo ha incrementato il numero di chiese, si è arricchito così di tutta una serie di opere d’arte. Per l’esecuzione delle opere, le Confraternite, nonché vari e generosi committenti, sono riusciti ad ottenere l’intervento d’importanti artisti messinesi od operanti nella Città dello Stretto. Dobbiamo essere fieri del patrimonio religioso ed artistico che i nostri antenati hanno prodotto con tanto sacrificio e di cui noi dobbiamo essere orgogliosamente custodi. Nicola Di CaraFoto: Dipinto su tavola dell’Annunciazione, nella Chiesa Madre di Forza d’Agrò, scuola “antonellesca”, primi decenni del ‘500.
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