Avvenuta a Forza d’Agrò il 15 febbraio del 1934
Forza d’Agrò – Nicola Di Cara – Il Ministero sacerdotale svolto da p. Catanese si vede maggiormente attraverso le testimonianze delle persone che l’hanno conosciuto direttamente, stimandolo moltissimo, o indirettamente attraverso le parole dei familiari più anziani. Io faccio riferimento, in particolare, alle testimonianze raccolte, oltre che dallo scrivente, dalla sig.na Carmela Muscolino, che ricordo con gratitudine. Le notizie fornite dal dott. Giuseppe Muscolino e dalle signore Domenica Muscolino fu Antonino, Domenica Dovì, Caterina Carullo, Sarina Garufi, Carmela Gentile e Carmela Venera Muscolino Di Cara, costituiscono una “memoria vivente” che, provenendo dalla Comunità forzese, mi piace restituire alla Comunità forzese, rappresentando un patrimonio di fede da non disperdere ma anzi da custodire gelosamente.
Quando è morto, il 15 febbraio del 1934, quasi all’età di 67 anni, non è stato possibile trovare, tra le sue “robe”, un pantalone nuovo da fargli indossare per l’ultimo viaggio verso il cimitero del Castello, dove riposava già la mamma Caterina. Per questo gli è stato messo un pantalone “strazzatu” (strappato, con le toppe). Questo fatto è nel ricordo di tutti: sia di quelli che lo hanno conosciuto personalmente, sia di coloro che non l’hanno conosciuto ma ne hanno avuto memoria dai familiari più anziani.
Come in pellegrinaggio, la gente di Forza d’Agrò, si è recata a far visita al “suo” Arciprete nella casa-canonica di via Roma. I Confrati della SS. Trinità, le socie del Sacro Cuore di Gesù, le Figlie di Maria ed i bambini della scuola elementare, hanno vegliato la salma del loro sacerdote per sei giorni, tre a casa e tre in chiesa. Per il funerale è stata utilizzata la bara che egli stesso aveva realizzato (quella che oggi è portata in processione il venerdì santo), che la Comunità forzese ha voluto impiegare per il trasporto dalla canonica di via Roma alla Chiesa Madre ed alla chiesa della SS. Trinità. La bara, senza copertura, consentiva la visione della salma del padre.
Il corpo di padre Catanese è stato vegliato tutta la notte nella chiesa del cimitero vecchio dal sig. Pasquale Ranieri, fino a quando non è arrivato su, il mattino seguente, il sig. Salvatore Villarà, incaricato di procedere alla tumulazione. Ricordava il dott. Giuseppe Muscolino:
«Antonino Catanese è vissuto e morto da santo. Ero bambino ma ho avuto occhi e orecchi e buona memoria. Ho visto la santità in quel parroco. Ero chierichetto molto attento e vivace. Sono salito al cimitero con nevischio e tanto freddo ed io c’ero quando lo hanno saldato nella cassa di zinco al camposanto vecchio. E lo stagnino di cognome Ardizzone mi guardò e disse al muratore Villarà Carmelo: “Vardàti stù carusu, non si scanta propriù!” che vuol dire “Guardate questo ragazzo, non ha paura affatto!”. Avevo nove anni da compiere a novembre ed eravamo nel febbraio del ’34.»
La modesta tomba di Padre Catanese, su cui è inciso solo il nome “Antonino Catanese” con la semplice dicitura “Arciprete”, è a pochi metri da quella della madre. Su di essa è stata posta una croce di legno (oggi non più esistente).
Così il 1° marzo 1934, dopo la sua morte, ha scritto di lui “La Scintilla”, giornale dove spesso aveva scritto Padre Annibale Maria Di Francia (padre spirituale di Antonino Catanese, proclamato Santo da Papa Giovanni Paolo II nel 2004):
«Dopo una lunga malattia, sopportata serenamente, si spegneva nel bacio del Signore il venerando Arciprete di Forza d’Agrò, Padre Antonino Catanese, sacerdote integerrimo, zelantissimo per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime, che furono sempre l’ardente sospiro del suo cuore nella lunga carriera sacerdotale. D’indole mite, di carattere ottimo, era da tutti stimato e ben voluto. Visse sempre in una dignitosa povertà, dolente sempre di non poter spendere per la chiesa più di quanto non gli consentissero le sue stremate finanze. La sua scomparsa ha lasciato un vivissimo rimpianto nel popolo di Forza d’Agrò, che volle testimoniare il suo affetto e il suo dolore rendendo unanime estreme onoranze al venerato estinto.»
Nicola Di Cara
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