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Forza d’Agrò – Nicola Di Cara – Già il Gran Conte Ruggero nel 1096, definendo i confini della Diocesi di Messina (come riportato dallo storico Rocco Pirri nella Sicilia Sacra), ha nominato la “grande via francigena”. La “Valle d’Agrò” e la “grande via francigena” sono nominate anche in un diploma del 1198 di Costanza “Imperatrice e Regina di Sicilia”, riportato dallo storico Raffaele Starrabba nei Documenti per servire la storia di Sicilia.
Le strade ed il mare antistante la nostra zona hanno visto il transito dei pellegrini che in Sicilia si recavano a Messina per raggiungere Roma, Santiago de Compostela o Gerusalemme. La strada percorsa dai pellegrini era la “Magna via francigena”, sul percorso della Palermo-Messina per le montagne, lungo la quale, necessariamente, sorgevano degli “hospitalia” in cui i pellegrini, dopo una giornata di marcia, avevano la possibilità di fermarsi, rifocillarsi e pernottare. Era importante che, nella nostra zona, ci fosse un luogo di riposo e di ristoro, un “hospitale” appunto, distante proprio un giorno di marcia dalla meta Messina.
A Forza d’Agrò è tuttora esistente una via Spitalìo, che ricorda nel nome il termine “hospitale”, ed è quindi possibile immaginare che a Forza d’Agrò sorgesse uno di questi centri di accoglienza gestiti da Ordini cavallereschi come quelli degli Ospitalieri o dei Templari. Sappiamo che la via Spitalìo è adiacente all’ex Convento francescano e che a Forza d’Agrò è documentato un Monte Calvario, che richiama il Sacro monte di Gerusalemme e fa parte della cultura del pellegrino medievale. Anche la piccola Croce bianca su fondo rosso, nel cuore del Castello normanno, ricorda quella tipica degli Ordini cavallereschi. Questi elementi fanno pensare all’esistenza a Forza d’Agrò di una struttura di ospitalità che consentisse ai pellegrini una sosta ad un giorno di marcia da Messina. La presenza nell’ex Convento francescano di un affresco raffigurante l’Ultima cena, in un ambiente probabilmente utilizzato come refettorio, rafforza tale ipotesi.
Un’ipotesi azzardata
La chiesa di Santa Caterina d’Alessandria era già esistente alla metà del ‘500 dato che la Confraternita omonima ha ritenuto opportuno, nel 1558, di fare eseguire per essa la statua in marmo di Carrara raffigurante la Santa di Alessandria d’Egitto, da collocare sopra l’altare maggiore della “sua” chiesa. All’interno della chiesa, sulla parete laterale destra c’è un grande portale ad arco in pietra arenaria che fungeva d’accesso ad un edificio ivi esistente. Tale edificio, però, nel 1558, non poteva essere il convento dei Francescani, eretto nel 1623. Ritengo che il luogo destinato ad accogliere i Frati Minori di San Francesco fosse precedentemente esistente ed utilizzato per altri scopi. Probabilmente si trattava di un luogo di “accoglienza” dei pellegrini di passaggio, un “hospitale” insomma. Il grande portale ad arco fungeva probabilmente come accesso a tale luogo e l’ambiente, oggi destinato a chiesa, era solamente un luogo di sosta, forse di ricovero, una zona scoperta o con un porticato, comunque aperta. A metà del ‘500, su questo spazio aperto, sarebbe avvenuta l’edificazione della chiesa e, nel 1623, il luogo di “accoglienza” dei pellegrini, l’hospitale, sarebbe stato trasformato in convento da parte dei frati francescani, che potevano transitare dal convento alla chiesa e viceversa attraverso la grande porta ad arco preesistente e facente parte della vecchia struttura. Immaginando questo luogo anche come meta dei pellegrini, si può pensare che questo grande portale costituisse una vera e propria “Porta Santa”, da attraversare per ricevere l’indulgenza.
Tra le opere d’arte esistenti nella chiesa di S. Caterina, oltre alla statua di marmo dedicata a Santa Caterina d’Alessandria, si ricorda anche una tela raffigurante l’Apparizione della Madonna e di Gesù a San Francesco (quadro del “Perdono di Assisi” o “Visione di S. Francesco”). E’ probabile che la pala forzese, d’autore ignoto, eseguita per la chiesa di S. Caterina su commissione dei frati francescani che lì avevano un Convento e che tenevano la chiesa, fosse meta privilegiata dei pellegrini per lucrare l’indulgenza del 2 agosto. Ai pellegrini, confessati e pentiti, visitando la chiesa ed oltrepassando la “Porta Santa”, veniva concesso il perdono di tutte le colpe, come desiderato da San Francesco e, con l’intercessione della Madonna, ufficializzato da Papa Onorio III.
Nicola Di Cara
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